domenica 2 aprile 2017

L'omicidio di Emanuele ad Alatri: la violenza è ormai normalità

Si è parlato molto in questi giorni dell'aggressione di Alatri, dove un atto di violenza inaudita da parte di un gruppo di venti ragazzi ha causato la morte di Emanuele Morganti.
Ora, si potrebbe parlare per ore dell'ennesimo vuoto legislativo che ha permesso ai due fratellastri principali protagonisti attivi del linciaggio di vagare liberi per la città, dopo essere stati fermati per possesso di droga.
Quello che tuttavia a me colpisce maggiormente è il vuoto.
Il vuoto di valori, il vuoto di umanità che si evince da questo episodio è qualcosa di urticante, di fastidioso anche per chi Emanuele non lo conosceva ed è venuto a sapere di questo fatto orribile per sentito dire.
Alcuni ritengono che cotanta violenza da parte dei ragazzi sia da imputare al periodo di crisi economica che stiamo vivendo. All'assenza di lavoro, di certezze per il futuro, di non so che cos'altro ancora.
No, lasciatemelo dire: non è questo. Si tratta di una bugia, di una scusa orrenda.
Queste tragedie sono presumibilmente figlie in parte di una cattiva educazione, ma anche se non soprattutto... della noia. Con in mezzo alla scena alcuni poveri disgraziati (nel senso dispregiativo del termine) che vogliono provare qualcosa di nuovo, anestetizzando ogni minimo senso di pudore e di freno inibitore. E che quando hanno iniziato ad entrare in questo giro vogliono fare qualcosa di sempre più eccessivo, spingersi oltre di volta in volta e di misfatto in misfatto.
Quello che mi sconcerta è quanto questa vicenda sia così assurda che sembra uscita dal più sanguinoso dei libri noir, ma così normale con i tempi che corrono che ormai non suscita neanche più scalpore o dibattito come in realtà dovrebbe fare. Suscita reazioni, ma non serie riflessioni.
Verrebbe da dire che anche in questo caso mainstream genera mainstream, violenza genera violenza. E come avviene per un qualsiasi prodotto mainstream, anche per la violenza dopo un po' svanisce l'effetto sorpresa. E niente stupisce, tutto scorre e diventa ordinario.

La violenza è divenuta normalità, la violenza è divenuta mainstream.

mercoledì 29 marzo 2017

Italia. Corea del Nord. Mondo. 2017.

Per quanti problemi e difetti il nostro amato/odiato Bel Paese possa avere, non ho dubbi sul fatto che possiamo, anzi dobbiamo ritenerci fortunati.
La mattina ci alziamo e possiamo incontrare il nostro vicino di casa, scambiarci due pareri e confrontare le rispettive visioni del mondo.
Chiunque può criticare chi governa il nostro Stato, dando un parere positivo o negativo senza il rischio di venire preso a mazzate o di essere vittima di attentati da parte di forze governative.
Dalla quiete democratica del mio paesino vivo quindi sempre con notevole stupore le notizie che arrivano dalla Corea del Nord, uno Stato oppresso dalla dittatura di Kim Jong-un.
Un despota che si è reso protagonista di varie crudeltà contro chiunque non la pensasse come lui o fosse comunque anche solamente sospettato di essere un "nemico".

Sono tanti gli articoli sulla Nord-Corea che raccontano di violenze perpetuate anche all'interno della vita civile, con un approccio ed un controllo militare che mira alla purezza della razza ed alla venerazione per il supremo dittatore.
Un lavaggio del cervello che viene effettuato ai sudditi sin da quando sono bambini (http://www.laogai.it/onu-corea-del-nord-lavaggio-del-cervello-ai-bambini-eta-scolare), che talvolta vengono utilizzati anche come schiavi per lavori duri.

E' fuori da ogni ragionevole dubbio che per i cittadini nord-coreani repressi dal regime la vita all'interno della madrepatria sia qualcosa di frustrante e di duro da sopportare.
Una testimonianza video che in questo senso ha colpito moltissime persone e che è diventata virale è quella di Yeonmi Park, una ragazzina nord-coreana fuggita dalla Nord Corea che nel 2014, a Dublino, ha raccontato la sua esperienza e cosa vuol dire vivere davvero sotto il regime di Kim Jong-un.
Non c'è molto da commentare, ma solo da vedere e da ascoltare: